Si chiamano arancine, al femminile, perché hanno la forma e il colore delle piccole arance. Sono delle palle di riso lessato, appena dorate dalla frittura nell’olio extravergine d’oliva, contenenti al centro, nelle tradizionali ricette delle famiglie siciliane, ragù, zafferano e un piccolo pezzo di formaggio. Sono le regine dello street food siciliano. Si servono come antipasto ma possono anche sostituire un primo piatto.
Una curiosa storia che arriva dall’Oriente
Il nome arancine appare per la prima volta in un vocabolario dei termini dialettali siciliani alla fine del 1800, anche se questo gustoso alimento ha una origine molto più antica. La tradizione lo attribuisce, infatti, agli Arabi, che hanno dominato la Sicilia per circa quattro secoli, a partire dall’anno 827 e dove hanno anche importato il riso, lo zafferano e le arance. Gli Arabi, come molti popoli orientali, mangiavano usando le dita e spesso spalmavano del riso nel palmo semichiuso della mano sinistra mettendo poi, nella piccola conca che si era formata, dei pezzi minuscoli di carne in umido, per poi mangiare tutto in un solo boccone.
L’imperatore Federico II nella prima metà del 1200 contribuì a liberare la Sicilia dalla dominazione araba ma tra le sue armate cristiane rimasero piccoli schieramenti di arcieri provenienti dal mondo arabo. Questi soldati mercenari continuavano a mangiare in questo modo palle di riso contenenti carne cotta. La tradizione dice che fu proprio l’imperatore, appassionato delle usanze alimentari orientali a convincere i suoi chef a cuocere nell’olio questo cibo, perché solo così, consolidandosi, poteva più facilmente essere trasportato e mangiato anche stando a cavallo o marciando.
Una gustosa variante della cucina romana
Oggi in molte famiglie, anche in Sicilia, si mettono nel cuore dell’arancino diversi tipi di ragù, con carni diverse e anche verdure o piccoli pezzi di prosciutto. Esiste anche una apprezzata versione dell’arancina nella cucina tipica di Roma de del Lazio più in generale. Si chiama supplì (dal termine francese surprise, sorpresa). Il riso viene cotto direttamente nel sugo di carne e l’insieme, che ha una forma più grande, allungata o ovale, contiene anche una fetta di mozzarella. Questa si scioglie all’interno del riso durante la rapida frittura nell’olio. Quando poi il supplì, ancora caldo, viene diviso in due con le mani per essere mangiato, le due parti separate sono in realtà ancora uniti dai fili di mozzarella fusa. Si chiamo così, nella tradizione romana, i supplì “al telefono”, perché richiamano i vecchi apparecchi telefonici le cui parti erano unite dai fili.
Il vino giusto
Non è facile abbinare un vino con le arancine, perché pur essendo di dimensioni ridotte, contengono riso, carne, formaggi e spesso altri condimenti, in un insieme che poi viene fritto. Naturalmente è il sapore più forte che “comanda”, in questo caso il ragù di carne, dunque può andare bene un vino rosso dal gusto intenso anche se non particolarmente forte come, per esempio, il Nero d’Avola di Tasca d’Almerita, storica azienda siciliana da molti anni presente con i suoi vini negli Stati Uniti, per un abbinamento tutto mediterraneo.