È il formaggio italiano più conosciuto, apprezzato, esportato, imitato. Eccellente come condimento di numerosi piatti ma anche da mangiare da solo, come aperitivo o per chiudere in grande stile un pasto. È gustoso e profumato ed è anche molto digeribile e dotato di un grande potere nutrizionale. Per questo è il formaggio più consumato da chi fa sport, specie quelli di lunga durata (ciclismo, running, sci) che richiedono dunque grande energia.
Età diverse indicate da un bollino
Sono necessari 600 litri di latte per fare una tradizionale forma rotonda di parmigiano reggiano, che stagiona a lungo su tavole di legno e si asciuga senza interventi da parte del casaro, formando una crosta naturale che può anche essere mangiata.
Serve una stagionatura di 12 mesi prima di per assegnare a ogni forma il marchio Dop (Denominazione d’orine protetta), che lo distingue da tutte “fase copie”. Poi la stagionatura può continuare e viene distinta da bollini di tre colori diversi: arancione per il parmigiano invecchiato 18 mesi (aperitivo), argento per i 22 mesi (zuppe e primi patti) e oro per almeno 30 mesi (da solo a fine pasto e per secondi piatti).
Esclusivo della regione Emilia Romagna
Il parmigiano Reggiano con il marchio Dop, ambasciatore del made un Italy alimentare, è prodotto in circa 380 caseifici di piccole e medie dimensioni che raccolgono il latte di circa 3500 allevatori distribuiti principalmente nelle provincie di Parma, Reggio Emilia e Modena, tutte e tre nella regione Emilia Romagna, tra le montagne dell’Appennino e il mare Adriatico.
In territori ricchi di pascoli fertili ottenuti grazie al lavoro dei Monaci che, dall’inizio del Medioevo, iniziarono a bonificare molte aree dell’Italia, fino a quel momento considerate paludose, difficili, incolte, dove i contadini e i pastori non osavano avvicinarsi perché mancava loro “l’aiuto di Dio”. Aiuto di che invece sembravano avere i monaci, diventati quindi i pionieri delle terre selvagge.
Con i terreni messi in ordine l’allevamento dei bovini divenne un affare economico molto importante, tanto che i principali allevatori, nei secoli successivi, divennero i nobili e i regnanti delle regioni del Nord Italia. Costruirono enormi “vaccherie”, ovvero grandi stalle per bovini chiamando illustri architetti e diventate spesso monumenti per la loro bellezza artistica.
Un marchio per proteggerlo già nel 1600
Il primo marchio di qualità a questo gustoso prodotto, per proteggerlo già dalle imitazioni o da altri prodotti simili, fu assegnato nel 1612 dal Duca di Parma, quando il “formaggio di Parma”, così si chiamava, era venduto già in molti Paesi oltre i confini.
Da quegli anni ad oggi il parmigiano reggiano non ha mai subito crisi di mercato. A volte i terreni e gli allevamenti cambiavano proprietario (dalla chiesa ai nobili, dai nobili alla borghesia, dalla borghesia ai contadini-allevatori e poi all’industria…) ma la produzione non ha mai avuto rallentamenti. Produzione che doveva però essere uniformata con delle regole. Quindi agli inizi del 1900 vennero fissate delle tecniche di produzione e nel 1928 venne creato il primo Consorzio, per far osservare le norme ma soprattutto per combattere le imitazioni.
Il vino giusto
Con il parmigiano giovane, dal minimo invecchiamento, vini bianchi fermi come Soave, Lugana, Gavi, Arneis e soprattutto spumanti brut, anche rosati. Con il parmigiano invecchiato, vini rossi anche corposi come Barbaresco, Barolo, Brunello di Montalcino, Sagrantino e qualche rosso siciliano.