Un dolce che è anche simbolo della ricca produzione della pasticceria siciliana, se non addirittura italiana, nel mondo. Preparato alle origini per essere deliziare il palato nel periodo di Pasqua (“Povero è chi non mangia la cassata la mattina di Pasqua”, dice un vecchio proverbio siciliano), ormai questo dolce può essere portato a tavola come il protagonista di un fine pasto in ogni periodo dell’anno. Anche nella versione al forno, tipica del territorio palermitano, la meno conosciuta ma quella davvero originale.
Prende il nome arabo dal contenitore
La composizione degli ingredienti base è più che millenaria. Risale infatti al periodo della denominazione araba in Sicilia, iniziata nel IX secolo e capace di lasciare tracce indelebili nel mondo gastronomico italiano. Gli arabi infatti portarono nell’isola, oltre a precise tecniche di coltivazione e irrigazione, anche pistacchi, agrumi, riso, mandorle, uva appassita e canna da zucchero.
Secondo la leggenda fu un arabo proprietario di greggi al pascolo che per primo mescolò in una ciotola chiamata Quas‘at, la ricotta appena prodotta con dello zucchero e non sapendo come chiamare l’impasto, gli diede il nome del contenitore stesso; da quas’at deriva dunque la parola cassata.
Ogni dominazione aggiunse i suoi ingredienti
Un impasto dolce e nutriente, che i cuochi arabi alla corte dell’Emiro avvolsero nella pasta frolla per cuocerla al forno e servirla calda. Oggi invece si lascia raffreddare. Nei periodi successivi, all’impasto vennero aggiunti altri ingredienti davvero speciali. Come, nel periodo normanno, la pasta reale o Martorana, a base di mandorle, prodotta nel Convento Martorana, nel cuore di Palermo, dalle suore cuciniere. Come pure il pan di Spagna e il cioccolato introdotto nell’isola dalla successiva denominazione spagnola. Modificando le dosi di questi ingredienti e aggiungendone via via degli altri, come per esempio la frutta candita, i pistacchi, i pinoli, venne creata la cassata siciliana come la conosciamo adesso. La prima decorazione della cassata, per darle un aspetto estetico attraente e capace di destare golosità, è del 1873 e fu fatta da un pasticcere siciliano impegnato in una grande manifestazione dolciaria a Vienna. Fu un successo, e dal quel momento questo dolce siciliano cominciò a conquistare anche le tavole nobiliari europee.
Il vino giusto
Con questo antico e ricco dessert vanno bene i vini dolci prodotti in Sicilia da uve lasciate appassire prima della pigiatura, come la Malvasia delle Lipari, il Moscato di Pantelleria e alcuni tipi di Marsala Superiore, sempre dolce.