I carciofi sono una delle verdure più coltivate nella campagna romana e sono state apprezzate, fin da tempi davvero remoti, per le loro molte proprietà nutritive e anche salutari. Ne esiste anche una varietà locale chiamata “mammola”, di forma rotonda, compatta e priva di spine. Si possono cucinare in diversi modi ma lo Chef ha preferito proporli crudi, con una spruzzata di limone, per esaltarne gusto e profumi naturali. In compagnia della ricotta, un formaggio fresco ripassato però al forno. Un antipasto semplice e di gran classe.
Una pasta davvero rappresentativa dei primi piatti romani, i bucatini; simili a dei grossi e grassi spaghetti e con un foro centrale, che spesso raccoglie il sugo. In questo caso lo Chef li propone con il cacio pecorino grattugiato, anche questo un formaggio tipico del Lazio, e con le animelle, parti tenere e delicate di bovini che fanno parte delle cosiddette “frattaglie”, piccoli pezzi di interiora di animali, protagoniste di una cucina molto povera ma diventate prelibatezze per i veri estimatori del grande cibo popolare. Un primo piatto davvero da buongustai.
L’abbacchio, nella tradizione di Roma, è un agnello molto giovane. Il suo nome deriva dal latino ”ad baculum”, che significa “vicino al bastone”, quello del pastore. L’allevamento nomade è sempre stato attivo nelle campagna intorno alla capitale italiana, perché la città offriva un ampio e vicino mercato per tutti i prodotti derivanti dalle pecore, come carne, formaggio e lana.
La carne tenera dell’abbacchio qui è stata resa ancor più gustosa e profumata dal tartufo nero, prezioso e raro, e dalla salsa al Frascati, un vino che si produce fin da epoca etrusca nelle colline poco a sud est di Roma.
Un contorno tipico della cucina ebraica, molto diffusa a Roma, dove gli ebrei (“i giudei”, come erano chiamati, e da cui deriva il nome del piatto) vivono da sempre e dove mantengono molte delle loro tradizioni. Un piatto comune, offerto da molte trattorie e ristoranti, anche perché la materia prima, ovvero i carciofi, a Roma sono quasi una “istituzione”.
Anche con il dolce lo Chef non si è allontanato di un solo passo dalla tradizione della regione Lazio. La ricotta è del latte delle pecore allevate in quelle ondulate campagne che arrivano ancora fino alla periferia di Roma, mentre le visciole (particolari ciliegie con cui si fa anche un ottimo liquore) sono coltivate nelle case di collina dove si trovano pure le vigne da cui si ricava l’uva per il Vinsanto. Questo è uno speciale vino da dessert che i contadini producevano per berlo solo nei giorni di festa o per regalarlo alle persone importanti del loro paese, in segno di rispetto.
Considerando un insieme di sapori delicati ma al tempo decisi, come quelli dei formaggi di pecora, i cipollotti, i carciofi, non c’è di meglio che un vino rosso di media intensità: un Morellino di Scansano oppure un Nobile di Montepulciano provenienti dalla Toscana, oppure, se si ha la fortuna di trovarlo, un Ruché, un rosso del Piemonte prodotto solo in piccole zone. Sublime con questo menu.
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