Un salume tipico della regione Emilia Romagna e in particolare della città di Bologna, tanto che in molte occasioni, quando viene ordinata nel negozio del salumiere, si usa dire “vorrei la Bologna”. Il nome della città dunque identifica il suo salume pregiato, che è sempre stato protagonista delle tavole nobiliari e delle famiglie ricche.
Le regole di produzione fissate nel 1600
Origini lontane, che qualche studioso di gastronomia italiana ha identificato in una stele romana conservata nel Museo Archeologico di Bologna in cui sono raffigurati sette piccoli maiali accompagnati al pascolo e un mortaio con un pestello, strumenti che si usavano un tempo per macinare la carne tagliata a piccoli pezzi e le spezie aggiunte per darle sapore.
Il nome stesso di mortadella potrebbe derivare da quello del mortaio, o anche da “mortarum”, termine che indicava la carne tritata arricchita con il mirto, per darle un profumo più intenso e coprire l’odore un po’selvatico dei maiali allevati nei boschi.
La mortadella come la possiamo apprezzare oggi ha una data di nascita ben precisa, ovvero il 24 ottobre del 1661, quando il cardinale Girolamo Farnese, per contrastare le imitazioni alimentari già in voga circa 4 secoli fa, fece pubblicare un documento che precisava le severe regole per produrre salumi pregiati tra i quali la mortadella, che era considerata ben più costosa del prosciutto.
Nel documento si vietava l’uso di carne diversa da quella del maiale e si vietava la produzione a chi non fosse dichiarato un salumaio esperto dalla Compagnia dei Salaroli (coloro che gestivano l’uso del sale, specie nelle preparazioni alimentari). Un Salarolo “antico”, cioè particolarmente esperto, doveva assistere alle fasi finali di produzione della mortadella e assegnarle un sigillo di qualità. Ogni produttore doveva infine dichiarare quante mortadelle aveva prodotto nel corso dell’anno.
La difesa con le bugie
I primi produttori bolognesi di mortadella, per difendere il loro salume principe dalle imitazioni, dicevano molte bugie a chi, specie se si trattava di qualche gastronomo proveniente da altri Paesi, chiedeva informazioni sulla carne utilizzata. A volte sostenevano senza esitazione che era carne di manzo, a volte addirittura di giovani asini. La carne invece sempre utilizzata è stata solo quella di maiale, ma per moltissimo tempo si è creduto davvero che ci potessero essere mortadelle di manzo o di asino. Tanto da essere pubblicizzate come tali nei Paesi stranieri che hanno cercato di copiare questo prodotto originale.
Il vino giusto
Ottimi sono il Lambrusco dell’Emilia Romagna, il Grignolino d’Asti e la Barbera, entrambi vini rossi piemontesi e anche molti spumanti. Nella tradizione romana la mortadella si mangia come spuntino di metà mattina, tra due fette di focaccia calda, accompagnata da un vino bianco dei Castelli Romani.