Il carciofo è un ortaggio molto gradito della cucina italiana, non solo per il suo gusto, non solo per la storia dei suoi piatti, ma anche perché ha un basso valore calorico, dunque è consigliato nelle diete dimagranti, Inoltre le sue foglie hanno anche un effetto medicinale naturale che interviene positivamente su molte malattie.
Si può preparare in vari modi e uno dei piatti che meglio lo rappresenta, specie nella tradizione della saporita cucina romana, è costituito dai carciofi "alla giudia”, dove il termine giudia sta a significare, nel dialetto romano, il giudeo, ovvero una persona di religione ebraica, che a Roma è sempre stata presente.
La stessa cucina da quattro secoli
Il carciofo utilizzato per questo piatto è chiamato mammola (perché richiama a breast, in italiano mammella) per la sua forma tonda, priva di spine e per le sue foglie tenere e morbide. Quindi non ci sono parti da scartare e questo era molto importante sulla tavola delle famiglie povere.
Viene coltivato proprio nelle campagne della regione Lazio, non lontano da Roma, e anche per questo è il più usato per preparare questo gustoso e facile piatto che si prepara da almeno quattro secoli, visto che è descritto, cucinato nello stesso modo di oggi, nei testi di alimentazione ebraica del XVI secolo.
Il piatto caratteristico del quartiere ebraico
Un tempo quasi ogni quartiere romano aveva il suo piatto simbolo. Quello del Ghetto, tutt’ora esistente e dove era concentrata la presenza di cittadini ebrei, era specializzato in piatti di verdure fritte come i fiori di zucca farciti di mozzarella e acciughe e, appunto, i carciofi.
Preparati alla “giudia”, ovvero fritti a testa in giù e con le foglie ben aperte in una padella, questi carciofi mammmola oggi sono considerati un contorno e nella tradizione ebraica romana erano la pietanza servita abitualmente per interrompere il digiuno richiesto da Kippur, la giornata del perdono, trascorsa interamente a pregare per espiare i propri peccati.
Il vino giusto
Consigliamo un Franciacorta Satin, che è Spumante Metodo Classico, prodotto nella parte est della Lombardia, o un vino rosso come il siciliano Nero d’Avola, che ha un gusto morbido e pochi tannini, per non aggiungersi ai tannini che il carciofo regala già in abbondanza per sua natura.